Sarkò ha poco da ridere
Guardi le banche francesi

I sorrisetti ironici, Nicolas Sarkozy li dovrebbe riservare alla sua finanza, ai suoi banchieri, alla sua capacità di tenere in ordine i conti pubblici. Bene ha fatto Emma Marcegaglia (che non risparmia certo giudizi molti duri sul governo) a definire inaccettabili le risa francesi del brutto siparietto di due giorni fa.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire per quale motivo il presidente francese dovrebbe impicciarsi di più della sua portineria.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad uno scontro sotterraneo, ma forte, tra francesi e tedeschi sull'atteggiamento da tenere nei confronti della Grecia. I mercati ad ogni barlume di intesa, brindavano, poiché è in gioco il futuro stesso dell'euro. La questione è molto semplice: la Grecia non è in grado di ripagare il suo debito. Inizialmente (a maggio) si era dunque previsto di tagliare il debito di circa un quinto. Liberi tutti. Chiunque si trovasse nella sfortunata circostanza di detenere un titolo di Atene, avrebbe visto di colpo ridurre da 100 a 80 il valore del suo atteso rimborso.

Ebbene, quella presunzione di sconto non si è rivelata sufficiente. E oggi si parla di haircut (un taglio dei capelli, ma soprattutto del capitale) di almeno il 50 per cento. 100 euro in titoli greci verranno rimborsati a scadenza con miseri 50 euro. Anche se il mercato si aspetta una botta ancor maggiore: le quotazioni ieri viaggiavano intorno alla soglia di 37- 40. Uno scenario argentino. Ma, direte, cosa c'entra tutto ciò con il sorrisetto di Sarkozy? Un po' di pazienza e ci arriviamo.

Gran parte di questi titoli sono in mano ad investitori istituzionali, banche per intenderci. Secondo la Banca dei regolamenti internazionali (tabella 9.E, vedere per credere) il Paese europeo che ha la maggiore esposizione nei confronti della Grecia è proprio la Francia. Vediamo i numeri. Parigi ha un'esposizione per 56 miliardi di euro, la Germania per 34 e l'Italia per 4. Non sono tutti titoli di Stato, ma una buona parte sì. Ecco che arriviamo al punto. Se l'Europa dovesse decidere che il taglio delle obbligazioni greche debba avvicinarsi al 50 per cento del loro valore nominale, le banche che detengono nei loro portafogli questi titoli si troverebbero in immediata difficoltà. L'assefranco-tedesco ha messo in piedi un fondo di salvataggio degli Stati da 400 miliardi (destinato a crescere) a cui tutti e 17 i partner dell'euro contribuiscono.

Quanto più si dovranno tagliare i bond greci, tanto più le banche coinvolte con Atene avranno i bilanci in rosso.

Et voilà , entra in scena il salva Stati: il cui compito finale sarà aiutare i membri dell'euro a ricapitalizzare le banche a corto di patrimonio. Per lo più bruciato proprio dal pessimo investimento greco.

Ritorniamo così ai conti di prima. Parigi ha esposizioni verso la Grecia per 56 miliardi. Una delle sue prime tre banche, il Crédit Agricole, detiene una banca greca che le assorbe capitale per circa 50 miliardi ( Rwa tecnicamente). Immaginatevi un po' voi se su questa massa enorme di esposizioni si dovesse abbattere una mannaia del 50 per cento. Una perdita che neanche un elefante potrebbe sopportare: men che mai una banca francese. La prova è in un report di Jp Morgan pubblicato sul Financial Times: negli ultimi mesi gli istituti transalpini hanno fatto ricorso ai prestiti Bce più di quelli spagnoli e italiani.

La morale, quindi, Sarkozy, la faccia ai suoi banchieri, più che agli italiani. Il suo sistema finanziario rischia di perdere per il solo pasticcio greco una cifra vicina ai 50 miliardi di euro. Il conto poi lo presenta all'Europa, mica ai suoi contribuenti. È proprio questo il motivo per cui Angela Merkel nicchia: la sua tesi è che ognuno faccia da sé.

Vale per i nostri problemi di finanza pubblica, per quelli dei greci e per quelli delle banche francesi. C'è poco da fare i maestrini, quando sotto la propria poltrona (che scricchiola quanto, se non di più di quella di Berlusconi) si è messa una bomba di questa entità.

Nel frattempo, tra un sorrisetto e l'altro, Sarkozy pensa agli affari suoi. La società pubblica Edf ha in Italia una partecipazione di maggioranza in Edison, condivisa, di fatto, con i Comuni di Milano e Brescia.

E che ti hanno pensato i cuginetti d'Oltralpe? Ci pappiamo tutto il boccone, ma, a differenza di Lactalis che ha fatto un'opa e un'operazione di mercato nella sua scalata di Parmalat, qua non si prevede alcuna offerta pubblica di acquisto. Con un giochetto e uno spostamento delle pedine si vogliono portare a Parigi un pezzo buono della nostra elettricità. Ai soci italiani è garantita un'uscita dal gruppo a tre anni, ma dal prezzo del tutto incerto e basato sui margini che proprio i francesi ci diranno di aver fatto dalle attività italiane. Roba che meriterebbe una grande risata da parte degli azionisti italiani.

Non hanno soldi da mettere sul piatto. Certo. Ma i francesi i soldi li prendono dallo Stato. Un po' come le loro banche. Non si può continuare così.

E fare pure la figura degli spendaccioni.

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