L'8 settembre delle vecchie zie

L'Italia è un cavallo scosso che ha perduto il suo cavaliere. Per metà fu imprudente il fantino, per metà gli resero impossibile la monta. Il cavallo corre smarrito, si ferma, procede a caso, ma il palio continua. Una volta, quando il Paese si scopriva orfano o abbandonato, ricorreva alle vecchie zie, come diceva Longanesi. Le vecchie zie invocate per salvarci erano l'America e la Chiesa, ma anche le Banche, la Confindustria, il Sindacato, i Militari o i suoi succedanei, i Magistrati. Ma oggi anche loro sono inguaiate; e la zia Emma, la zia Susanna e la zia Ilda non sono un rimedio alla brutta situazione, semmai un sintomo della medesima. Non solo Papà governo e Mamma politica, ma anche le Zie sono dentro la crisi e hanno perso credibilità.

Le vecchie zie erano un bene rifugio, Aldo Palazzeschi le descrisse nelle Sorelle Materassi (si chiamavano Teresa e Carolina come le mie care, vecchie zie). Resta il Nonno Giorgio, ma i nonni al Quirinale fanno prediche inutili, come disse un suo grande predecessore, Einaudi. Mai come quest'anno si sente aria di 8 settembre, data ricorrente del naufragio nazionale con spappolamento interno. Si rompono le righe, c'è chi fugge, chi tradisce, chi infierisce, chi patisce. Ma sarebbe assurdo arrendersi a invasori ignoti, firmando armistizi con gli spettri. Non siamo alla morte della patria, come si disse dell'8 settembre '43, forse stiamo uscendo dal tunnel. Però siamo un paese spaesato, allo sbando. Il cavallo è scosso, i fantini litigano tra loro e pensano solo alla sella. Campa cavallo che merda cresce.

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