"Con quella faccia da straniero..."


Esordire dicendo che "non sono razzista" è un po' un'ammissione di colpa.
Vedo in questa mia affermazione come un bisogno di gridare una verità che in quanto tale non avrebbe bisogno alcuno di essere esternata.
Non sono razzista: giuro.
Ho sempre avuto un autentico atteggiamento entusiasta verso i popoli di altre razze.
Ho sempre visto nel reciproco scambio di culture un arricchimento.
Solo tra chi è "diverso" può avvenire questo arricchimento.
Coloro che sono "uguali" cosa hanno da donarsi?
Niente.
E non sono neanche fra coloro che dicono...ok...sei qui, ma ti devi adattare alle nostre usanze.
Giuro che non lo dico nè lo penso.
Trovo giusto che ognuno di noi mantenga la propria identità anche lontano dal suolo natio.
Anzi...è proprio quando si è lontani che si sente maggiormente questo bisogno.
E allora perchè mi ritrovo qui a scrivere?
Cosa voglio comunicare?
C'è in me, da un po' di tempo, un sottile disagio che io stessa sono la prima a disapprovare.
I cinesi sono stati i primi ad arrivare a noi.
Mi sembra di aver sempre conosciuto almeno un cinese in tutte le città nelle quali ho vissuto.
Quasi tutti facevano borsette o altre "cineserie" come venivano (e vengono) chiamati i loro prodotti.
A Bologna quando giunsi nel 1965, nel quartiere dove tuttora abito, c'era un negozio di cinesi proprio sotto casa. Per anni ho sempre scambiato piacevolmente quattro chiacchiere con la signora che, da mattina a sera, si rompeva la schiena facendo queste borse e qualche volta ho anche comprato qualcosina.
Fine anni '70 inizio anni '80 aprirono un ristorante cinese proprio a due passi da casa.
Ristorante che Roby frequentava spessissimo, tentando di portarci anche me, cosa che non gli riuscì mai. Non ero prevenuta, giuro, solo che il loro cibo non mi piaceva.
Più in là di un riso alla cantonese o di qualche involtino primavera non sono mai riuscita ad andare.
In questo so di essere molto tradizionalista, ma non credo che sia una colpa o almeno mi auguro che non lo sia. Era molto di moda in quegli anni andare a mangiare in un ristorante cinese.
Forse io ero già troppo in là con gli anni per poterlo apprezzare.
I "giovani" che oggi veleggiano verso la quarantina, mio figlio compreso, erano adolescenti con sempre pochi soldi in tasca ed hanno fatto la fortuna di questi ristoranti ed io per loro, per i cinesi, ero sinceramente felice.
Verso gli anni '90 iniziarono ad arrivare non i primi marocchini...quelli c'erano già, anche se li vedevi solo sulle spiagge...iniziarono ad arrivare le loro donne, che invasero amabilmente la nostra vita.
E con loro arrivarono anche i bambini, mentre i bimbi cinesi erano già arrivati alla 3^ se non alla 4^ generazione.
Arrivarono pure albanesi, rumeni, polacchi, russi anche se onestamente non riuscivi a distinguerli.
Dire che erano uguali a noi è un'offesa ed io non voglio offendere nessuno.
E poi...sono arrivati gli indiani.
Belli, bellissimi, con quegli occhi neri e con quel colorito di pelle che io tanto adoro.
La mia vita scorreva come sempre, anche se ora al mattino sull'autobus che mi portava in centro, in ufficio, la metà della popolazione era chiaramente non italiana, bolognese poi...era la minima percentuale, tra la quale non potevo annoverare neppure me stessa.
Sotto casa mia, intanto, i ristoranti cinesi erano diventati prima due, poi tre...
Chiudeva il panificio della vecchia Norma e il suo posto veniva preso da un cinese, che però non vendeva più il pane, ma "cineserie" varie.
E così ad uno ad uno chiusero la macelleria, la pescheria, l'altro panificio posto più in là, il fruttivendolo a lui di fianco, la merceria, il lavasecco, il calzolaio, il fotografo, la profumeria, la concessionaria della Volkswagen e non so quanti altri.
Onestamente non me accorgevo.
Vivevo poco la vita del mio quartiere.
Più che attraversare di corsa la strada per prendere l'autobus non facevo...finchè un giorno...
...due estati fa...
Dai Lodovisca andiamo a fare una passeggiata...
Non ne ho voglia.
La facciamo qui sotto casa, dai...
E così invogliata, per non dire costretta, feci un giro per la mia strada...
Quante cose cambiate vidi.
E mi vennero in mente le parole di Jerry, il mio ex-collega...
Ehi...Ludo...come si vive a China Town?
Che cav...olo dici?
Non dirmi che non ti sei accorta che il tuo quartiere si è trasformato in una China Town...
Potevo constatare con i miei occhi che Jerry aveva ragione.
Uno dietro l'altro i vecchi negozi non c'erano più ed erano stati sostituiti tutti da negozi cinesi, che esibivano sulle vetrine scritte a me incomprensibili ed esponevano merce di cui non avrei mai saputo cosa farmene, ammesso che avessi voluto comprare qualcosa.
Vestitini dozzinali dalle taglie improponibili per qualsiasi donna italiana che non fosse più che anoressica.
Erbe e medicinali a noi sconosciuti.
Tanta chincaglieria che quella che avevo eliminato io vent'anni prima al confronto erano oggetti pregiati.
Ennesimo ristorante cinese.
...Era una calda serata estiva di luglio...
Andiamo a prendere un gelato alla baracchina?
Ok...andiamo...
La baracchina...un'istituzione per la gente del quartiere.
Nel 1965 c'era già ed era proprio una "baracchina" :-)))))
Negli anni si era trasformata fino a diventare "La Siberiana".
Un bel posticino con tanto di tavolini all'aperto e con una terrazza panoramica.
Le sere d'estate era sempre piena di gente, visto che tra l'altro sorge in quello che per noi era "il pratone" e che con gli anni anche lui aveva acquistato prestigio divenendo "Il giardino Guido Rossa".
La "baracchina" era sempre lì, ma una volta arrivate, anche lì chi c'era?
Un cinese...ed i tavolini erano tutti pieni di ragazzi cinesi che, però, non parlavano italiano, bensì la loro lingua.
Commento
Qui ci prendiamo la sars
Mia risposta
Ma daiiiiiii...non essere disfattista
Il gelato, almeno quello, era italiano con i soliti gusti...crema, nocciola, fragola, pistacchio, bacio, stracciatella...
Questo avveniva nel mio quartiere e in pieno centro cosa succedeva?
Avendo sempre vissuto di corsa, e dando per scontate tante cose, non dico che non mi fossi accorta dei cambiamenti...ma a volte era proprio così.
Ho bisogno di un paio di guanti. Qui a due passi c'è quel bel negozio che li vende.
E scoprire così che il bel negozio dove tutte le mattine passavo davanti correndo (sempre in ritardo io...) non c'era più.
Anche qui dei cinesi, che vendevano "orribili" borsette tutte piene di strass.
E stiamo parlando della centralissima via Marconi, angolo via Ugo Bassi, dove l'affitto di un negozio deve costare qualcosa come 3/4.000 Euro al mese, se non di più...
E lo stesso dicasi appena svoltato l'angolo, dove una volta c'era la mia profumeria...anche lì dei cinesi.
Ma che sta succedendo????
Che fine hanno fatto gli italiani????
Non saranno mica andati tutti in Cina????
Sempre in pieno centro c'è il bellissimo mercato Ugo Bassi, mercato coperto di frutta e verdura, con tante bancarelle ben disposte, pieno di negozi di alimentari.
C'è praticamente tutto.
E quello che non trovi dentro al mercato lo trovi nelle 4 strade che lo delimitano.
Dire che il mercato di via Ugo Bassi sia stato il fulcro della mia vita è dire una semplice verità.
Ho sempre lavorato in pieno centro, nei pressi del mercato.
Persino l'Automobil Club, dove feci i miei primissimi due mesi di lavoro, rimaneva attaccato al mercato.
Da allora tante cose sono cambiate, ma bene o male i negozi rimanevano gli stessi.
Il posto del padre veniva preso dal figlio, o al massimo cambiava gestione.
Da un po' di tempo, invece, nel mercato le facce stanno cambiando veramente, sono diventate di un altro colore...
Il primo volto straniero lo vidi un paio d'anni fa.
Era un giovane indiano. Il suo banchetto di frutta e verdura era sempre malinconicamente deserto.
A me avrebbe fatto comodo comprare qualcosa da lui, visto il pochissimo tempo a disposizione che avevo. Ci ho anche provato qualche volta, ma quello che vendeva non rispondeva alle mie esigenze.
Ricordo che un giorno provai anche a consigliarlo di rifornirsi di merce migliore, anche se ovviamente sarebbe costata di più.
Da quel primo indiano, ora i banchetti "stranieri" saranno almeno una decina e vedo che espongono sempre meno prodotti italiani e ad acquistare da loro sono sempre e solo indiani.
Non lo trovo giusto, anche se io sono la prima e mi chiedo di chi è la colpa.
Mia o loro?
Forse è lo scotto che dobbiamo pagare un po' tutti, quando avvengono questi cambiamenti.
Io che vedo sgretolarsi il mondo al quale ero abituata e loro che costituiscono un universo a parte nel nostro universo.
Trovo giusto che i nostri "ospiti" possano trovare anche da noi i cibi ai quali sono abituati e troverei giusto che anche io provassi ad assaggiare i loro.
Ma francamente non saprei che farmene di certi ortaggi che non so cosa siano e che per me emanano un odore "terribile", oltre ad essere enormi e tutti contorti.
Nè mi azzarderei mai ad entrare in una macelleria indiana.
E' un po' triste tutto questo, ne sono consapevole e tanto per cambiare mi chiedo...
...ma sono solo io che mi pongo tutte queste domande?
Leyla

Questo sfondo bellissimo, così appropriato, non è frutto di ricerche in internet.
E' stato creato dalla bravura, oltre che dalla pazienza, di una splendida ragazza brasiliana
che mi onora con la sua amicizia e alla quale voglio molto bene.
Grazie Isa
un bacio
Lodovisca

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