A pensarci, la cosa più assurda della campagna feroce di Casini, Fini & C. è che
vogliono far cadere Berlusconi non per andarci loro a Palazzo Chigi e assumersi
le responsabilità di governare.
Non ne hanno l'attitudine, la voglia,
il curriculum, il programma.
Furono comizianti, politici da piazza e da congresso,
sono dichiaranti da tg e furbi navigatori del politichese.
La loro aspirazione
vera è fare il presidente della Repubblica.
Perché, con rispetto
parlando, là non si lavora, non ci si sporca le mani col Paese, l'emergenze,
la quotidianità, l'amministrazione, il fisco, le alleanze capricciose.
Una fatica, due palle, tre monti.
Al Quirinale invece c'è da fare solenni dichiarazioni di nobilissima
ovvietà all'Italia, c'è da salutare folle, baciare bambini, inaugurare
mostre e assegnare premi, mai mazzate.
E continuare a manovrare ma dall'alto,
sparare senza essere sparati, far politica di soppiatto, godendo dello statuto
di inviolabilità, si può rimproverare e non essere rimproverati.
Severo monito, accorato appello, alto patrocinio.
Vedete la popolarità, meritatissima peraltro, di Napolitano, in pieno
marasma: il Paese crolla sotto il maltempo e la malapolitica, ma lui è considerato
un corpo illeso, puro, al di sopra della mischia e della melma.
È quel
che cercano Casini e Fini, e non solo loro, in verità; non si cimentarono
mai ad amministrare, giocarono sempre e solo in politica, e il loro fine ultimo è il
Messaggio alla Nazione.
Il paese crolla, e loro stanno a gufare per poi immolarsi
sul Colle.
Eccoli, i Quirinauti.
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