Provo schifo per i maglioni della Benetton e per tutta la roba con quel marchio. Uno schifo antico che risale ai tempi in cui una tragica scena di morte per Aids diventò la scusa per vendere maglioni.
E gesùcristi, madonne, suore, poveri e anoressiche, mercificati dalla speculazione Benetton. Il bacio in bocca del Papa con l'imam, srotolato davanti a San Pietro, è solo l'ultima schifosa provocazione pubblicitaria di questo marchio (d'infamia). Per non dire del retrobottega della multinazionale: dove produce, come, con chi e come si allarga. Meglio non parlarne, dicono, si fa loro pubblicità, è quel che vogliono.
Ma il disprezzo etico e merceologico supera ogni calcolo. Non invito al boicottaggio, non credo a queste militanze, esprimo solo un'avversione a pelle per tutti i suoi prodotti, che spero largamente condivisa. Dopo queste campagne, il ribrezzo che suscita il loro marchio è naturale, spontaneo. Sento che quei maglioni puzzano di sciacallo, non sono lana di pecore tosate ma peli di iene e piume di avvoltoi.
Li trovo perciò repellenti, urticanti sul corpo, ripugnanti per l'anima. Qual è la ragione di tanto disprezzo? L'uso del dolore, della morte, della malattia, della fede, della speranza e della disperazione per vendere un volgarissimo maglione. L'umanità diventa strumentale alla merce. Ci sono nel commercio tanti abusi in questo senso; ma Benetton li rende espliciti e brutali anche se li traveste di messaggi ideologici finto-amorevoli. Questa è barbarie in pieno centro. Che se li porti il diavolo, pubblicitari inclusi.
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