Ma dove andremo a finire? In un autobus un pensionato si lagna con una massaia e nel suo sconforto io trovo conforto. Perché questa frase la sentivo già da bambino e mi pare di aver perso lungo la strada cinquant'anni.
La trovo rassicurante e ringiovanente. E se qualcuno replicava allora come ora che si è sempre detto, lo sconfortato replica oggi come replicava ieri: no, questa volta è diverso. No, signor pensionato, di diverso c'è solo che le altre volte abbiamo poi saputo come è andata a finire e questa volta, come tutte le volte in cui si parla del futuro, non ancora. Signora mia, pensi che Plinio qualche millennio fa scriveva: sono finite le mezze stagioni...
Da che mondo è mondo i padri si lamentano dei figli e rimpiangono i tempi loro. Non pensate che io spacci ottimismo, figuriamoci, sono un estremista della disperazione, e mi piace toccare il punto-limite dello sconforto, da cui non si può che risalire. Perché a differenza vostra io so dove andremo a finire. Finiremo tutti morti, signore caro.
Ed è quello in verità che ci fa paura, altro che l'Ici e i bau bau. Certo, ci aspettano delle mazzate, non la passeremo liscia. In compenso abbiamo la sicurezza di morire. Se parti da quella certezza poi tutto diventa più lieve. Perfino Monti, Passera e lo spread. Ottimismo tragico, catastrofismo allegro. Stringete i denti, abbiate solo un po' di pazienza. E poi confessate, non ve l'aspettavate quel finale che vi ho rivelato o lo sapevate pure voi? Pensate al peggio perché da morti si vive meglio. E si apprezza di più la vita.
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