L'uomo dei sogni
C'era una volta un uomo che viveva su un monte, scendeva
in città una sola volta la settimana, così come
esigeva il suo mestiere. Il suo era uno strano mestiere...metteva i sogni nei
cassetti, ma degli altri.
Era un mestiere di grande responsabilità e di difficoltà. Doveva
trovare il sogno adatto per ciascuno,
percepire il loro carattere e le loro aspirazioni.
Così ad una bambina poteva andar bene il sogno di diventare una ballerina,
ad un ragazzino quello di
diventare un grande calciatore, per un laureando, quello di diventare un ottimo
manager.
Aveva messo anche sogni più prosaici, come quello di dimagrire per una
signora un po' troppo in carne o
quello di vincere ad un concorso di bellezza o al totocalcio.
S'accorse però che ultimamente i suoi sogni non avevano più successo...nessuno
andava ad aprire il cassetto
dov'erano contenuti...erano cose da "bambini".
I grandi non avevano più tempo per il mondo ovattato dei desideri...vivevano
nell'immediato con sempre
meno aspirazioni.
L'uomo era convinto che il sogno fosse utilissimo per evadere dalla banalità
quotidiana, un modo di essere
diversi. Gli uomini non avevano più la voglia, il coraggio e la forza
di aprire quei cassetti...lì i sogni c'erano,
li aveva messi lui.
continua...
La città però non era più la stessa.
Le cose c'erano, sì, tutte lì a loro posto: le case, la scuola,
gli incroci
con i semafori, i giardini, la gente, ma un osservatore attento avrebbe notato
che, giorno dopo giorno, tutto
perdeva un poco di colore. Via via che passava il tempo i colori brillanti dei
fiori e delle vetrine stavano
lasciando il posto a tinte sempre più tenui.
L'uomo sapeva bene che questo era dovuto alla perdita della capacità
di sognare della gente. Tutta la sua
vita l'aveva dedicata a far sì che questo non accadesse. Si sentì
smarrito, impotente e triste.
Si guardò le mani e con sorpresa si accorse che erano quasi trasparenti.
Capì che anche lui stava un po' alla
volta scomparendo poiché nessuno aveva più bisogno di lui. Ad
un tratto realizzò che aveva passato una vita
a creare sogni per gli altri ma non ne aveva mai tenuto uno per se. Si chiese
che cosa poteva sognare uno
come lui, che si accontentava di poco, lassù nella sua casa sul monte.
Non aveva bisogno di nulla. Chiuse gli
occhi e senza accorgersene, piano piano si assopì.
E sognò.
Sognò le case della città color arcobaleno, il fiume che l'attraversava
brillante di luccichii alla luce del sole
che inondava la valle di calore, avvolgendo la gente di un effluvio dorato.
La gente, sì, sognò la gente che
sorridendo faceva a gara chi per aiutare l'amico a riparare il capanno, chi
per portare a passeggio i nonni
anziani, chi per mettere in ordine il proprio giardino per rendere più
bella la via, chi per offrire dolciumi
ai bimbi che giocavano nei giardini. Quella era la città che aveva sempre
sognato, ma non se ne era mai reso
conto. Sorrise felice nel sogno e con quel sorriso sulle labbra rimase, per
sempre, a guardare la "sua" città.
Non si rendeva conto che ciò che stava sognando si stava avverando nella
realtà. La città si trasformò e
diventò quello che lui aveva desiderato, la gente ritrovò il tempo
di sognare e desiderare. Il "suo" sogno
aveva fatto rivivere la città.
Lo trovarono alcuni bimbi che correvano spensierati sui prati; sembrava dormisse,
aveva un'aria felice.
Chiamarono la gente della città e tutti costruirono per lui la più
bella dimora che un uomo potesse
desiderare, piccola, semplice, sul fianco soleggiato del monte, con l'acqua
del ruscello che scorreva vicino
e tante fronde di alberi a darle frescura.
Fu la sua casa per sempre e lì riposò, felice, per l'eternità.
Un altro finale... Una favola senza finale... Il diario di Lodovisca Poesia e meditazioni Collage Home page